COMUNICATO STAMPA (dal sito ufficiale)

Data di pubblicazione: 21 gennaio 2005
Fate una prova: mettetevi comodi e infilate nel lettore il nuovo cd di Mina. Poi premete il tasto “play” e ascoltate. Vi accorgerete che nessuno dei solchi del disco vi fa venir voglia di premere il tasto “skip”. Sia che stiate scoltando con attenzione, sia che stiate semplicemente sentendo il disco mentre - che so - sorseggiate un whisky o fumate, o entrambe le cose (sono attività riprovevoli, ce ne rendiamo conto... bere alcol e fumare, intendiamo, non ascoltare il nuovo disco di Mina), in un caso e nell’altro, dicevamo, vi accorgerete che i circa cinquanta minuti di musica e parole di “Bula Bula” scorrono fluidi e senza intoppi, tanto da darvi la sensazione di stare ascoltando non l’album di un interprete, ma una trasmissione radiofonica notturna di quelle che si facevano una volta, quelle in cui il conduttore era bravo e capace a
miscelare le canzoni in modo da farle scivolare una nell’altra senza annoiare l’ascoltatore ma proponendogli una varietà di atmosfere e di situazioni emotive continuamente cangiante.
Adesso di trasmissioni radiofoniche così non se ne sentono quasi più, e a dire il vero anche di dischi come “Bula Bula” non se ne sentivano più da un po’: grandi album di grande musica leggera, sequenze di belle canzoni selezionate con attenzione e secondo il gusto personale dell’interprete, ed eseguite impeccabilmente (che non significa rifinite fino all’estenuazione in sala di registrazione, ma cantate proprio come si deve cantare una canzone, con partecipazione e misura, e se è il caso anche decidendo di lasciare qua e là qualche “imperfezione” che in realtà è il segno dell’umanità degli esecutori).
Ormai lo sapete come lavora Mina: ascolta e ascolta e ascolta le canzoni che le vengono inviate, sceglie a proprio piacimento, senza calcoli e senza bilancini, senza considerare se gli autori sono stimatissimi professionisti o emeriti sconosciuti, e registra. Poi magari, come è successo per questo disco, proprio quando pensa di aver chiuso la tracklist ecco che le arrivano altre canzoni che le piacciono di più di alcune altre già registrate, ed ecco quindi che certi titoli già confermati escono dalla rosa per essere sostituiti da altri. Così “Bula Bula” arriva nei negozi, interrompendo una tradizione consolidata, non sul finire dell’anno, ma sul principiare dell’anno nuovo - proprio perché all’ultimo alcune canzoni ne hanno sostituite altre, non meno valide ma che a Mina piacevano meno di quelle nuove (sono stati una ventina, in totale, i brani incisi per l’album).
Del resto, se qualcuno si può permettere di infischiarsene delle “schedule” (come dicono gli anglosassoni), è proprio Mina - la quale, va detto, si è comunque concessa il lusso di restare per un intero anno in classifica con una raccolta di canzoni già edite, fenomeno precedentemente inedito per il mercato discografico italiano.
Insomma, “Bula Bula” esce il 21 gennaio 2005: con una copertina (firmata da Mauro Balletti) ancora una volta sorprendente, in cui Mina gioca ironicamente alla capobranco guidando con la sua coda di capelli la camminata di un buffo e tenero elefantino, e con un titolo che (come avranno già capito i fedeli lettori della sua colonna settimanale su un quotidiano) fa riferimento a un luogo dello spirito, a un’immaginaria, inesistente isola/rifugio nella quale ritirarsi per dimenticare le sgradevolezze del nostro mondo quotidiano. E il titolo assume così un significato ulteriore: “Bula Bula” è un disco/isola, un disco/rifugio nel quale dimenticare, per poco meno di un’ora, la “muzak” (avrebbe detto John Lennon) nella quale siamo quotidianamente immersi.
Sorprende, peraltro, che in un periodo nel quale stiamo assistendo, forse dispiaciuti ma certo non sorpresi, a un quasi fisiologico calo di forma dei cosiddetti “grandi” autori (solo in parte controbilanciato dalla crescita di alcuni giovani autori), Mina sia riuscita a mettere insieme
così tante canzoni così pregevoli. E questo è il frutto di una, scusate la brutta parola, “politica di attenzione” che Mina ha inaugurato molto tempo fa e che ha continuato a perseguire; che le ha permesso di diventare il punto di riferimento privilegiato non solo di giovani autori di belle
speranze capaci di azzeccare il “grande” pezzo, ma di autori anche affermati che in altri tempi forse si sarebbero tenuti per sé le proprie composizioni (magari nella speranza di poterle interpretare in proprio), ma che oggi preferiscono (saggiamente) affidarle all’unica interprete italiana che possa valorizzare al meglio le belle canzoni. E per “belle canzoni” Mina spesso, e a sorpresa, non intende le canzoni che certi autori le mandano convinti che siano adattissime a lei, forse anche perché le hanno scritte pensando proprio a lei; quelle canzoni così “minose” di nascita e di intenzione spesso Mina le scarta, scegliendo invece composizioni meno prevedibili - a meno che non arrivi il “grande pezzo”, quello che è “così minoso” che proprio non si può non farlo.

E allora vediamole, queste canzoni.
Ecco “Vai e vai e vai”, firmata dall’abituale ollaboratore Nicolò Fragile, singolo pilota dell’album e prima canzone interamente di Nicolò (“Lacrime e voce” da “Olio” del 1999 era firmata da M. Morante, N. Fragile, M. Schena) che Mina incide (un onore ampiamente meritato, e poi raddoppiato dall’inclusione nell’album di una seconda canzone con la firma di Fragile); il pezzo che forse può simboleggiare al meglio lo spirito del disco, un mid-tempo
leggero con eleganza, dal retrogusto “Philly sound” saporitamente FM.
Ecco “Portati via”, che fa tornare alla ribalta il nome del suo autore Stefano Borgia, e che è - come si diceva prima - proprio un “grande pezzo minoso” con un’apertura larga e melodica immediatamente cantabile; la voce maschile che parla al telefono è quella di Axel Pani,
diciottenne nipote di Mina - e non è l’unico nipote di Mina presente nel disco...
“Fragile”, dall’atmosfera amara e drammatica, ha fra gli autori Gennaro Cosmo Parlato,
singolare artista e performer napoletano; mentre “Se” - orecchiabile ma imprevedibile, di classe e non volgare - è firmata da Alex Britti, già cantato da Mina (“Oggi sono io”) e stavolta esclusivamente autore per la Signora; “Fra mille anni”, graffiata da un efficace assolo di
chitarra di Luca Meneghello, ha un testo di Cheope, mentre la musica è di Danijel Vuletic, un interessante giovane musicista che dopo il debutto come cantautore si sta ora avviando verso una promettente carriera di compositore - e questa canzone ne è una bella dimostrazione.
“La fin des vacances”, testo nobile e semplice di Boris Vian e musica dell’adorabile Henri Salvador (un comico d’antan, se lo ricorderanno i meno giovani per le sue apparizioni alla televisione italiana negli anni Sessanta, che è stato anche apprezzato autore e interprete di
canzoni), è l’unico titolo non inedito incluso in “Bula Bula”. Per “Sei o non sei”, un brano dall’immediata orecchiabilità, si ricompone il team compositivo Massimiliano Pani - Piero Cassano, che negli anni Ottanta scrisse molte canzoni, e non solo per Mina (“Avevo diciotto anni quando conobbi Piero, e lui mi propose di fare qualcosa insieme”, ricorda oggi Massimiliano; “stavolta ci siamo divertiti a rifare squadra anche con Valentino Alfano, col quale scrissi le mie primissime cose a sedici anni”).
Una vera “canzone d’autore” è poi “20 parole”, pregevole testo del poeta Roberto Roversi e
musica altrettanto suggestiva di Alberto Ravasini, che precede - con un efficace cambio di mood - la scintillante “Bell’animalone”, divertissement in chiave paradossalmente ma compostamente erotica firmato da Marzio Sandro Biancolino e Marco Fedrigo; mentre per
“Dove sarai” torna fra gli autori Nicolò Fragile, che con testo di Antonio Elia consegna a Mina la sua seconda composizione dell’album. “Quella briciola di più”, una bossa raffinata e jazzy, è l’unico brano di “Bula Bula” ad essere stato scritto da una donna, Maria Enrica Andolfi (era sua anche “La bacchetta magica” in “Cremona”); mentre per “La fretta nel vestito” la firma è quella di Tullio Pizzorno, già autore in passato di “Di vista”, in “Pappa di latte”, e “Musica per lui”, in “Cremona”; compositore il cui gusto prettamente vannelliano questo brano conferma e ribadisce - e qui autore di un testo particolarmente azzeccato.
Ci sarebbe anche una “ghost track”, ma se la raccontassimo non sarebbe più una sorpresa;
diremo solo che la risatina che si sente a un certo punto del brano è di Edoardo, ultimo nipotino di Mina.

Che altro? Della voce e del canto della Signora non mette più conto, ormai, tessere le lodi; si rischia la ripetitività, l’effetto rebound, lo sbuffo annoiato. Diciamo allora della bravura dei musicisti, la maggior parte dei quali giovani o giovanissimi? Anche no: ci mancherebbe anche che Mina (e Massimiliano Pani, produttore del disco) scegliessero strumentisti men
che valorosi, molti dei quali sono alla loro prima esperienza con la Signora. Fra questi debuttanti segnaliamo soltanto Roberto Vernetti, nella veste di programmatore della maggioranza dei brani, rimandandovi alla lettura dei credits per scoprire i nomi di quanti hanno suonato, realizzato, registrato e mixato le dodici (più una) canzoni di “Bula Bula”.
Alcune delle quali, e qui concludiamo, figureranno nella colonna sonora di “La terza stella”, il thriller comico diretto da Alberto Ferrari scritto con - e interpretato da - Ale e Franz, sugli schermi cinematografici dall’11 marzo (per ulteriori informazioni www.kinoweb.it); anzi, le
scene accompagnate dalle canzoni di Mina (“Sei o non sei”, “La fin des vacances” e “Portati via”) sono state effettivamente girate “sulle musiche”, con risultati di particolare efficacia (il resto della colonna sonora è stato scritto e registrato da Massimiliano Pani con Franco Serafini).

www.minamazzini.com
www.sonymusic.it

 

 
   
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